"Da una parte sola"


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"Da una parte sola"

Oggi 11 luglio 2019 sono trascorsi cinquant’anni dalla morte dei Giacomo Brodolini.
Il suo nome è indissolubilmente legato allo Statuto dei lavoratori, provvedimento varato in un periodo in cui le condizioni degli operai in fabbrica erano decisamente critiche. Di scuola azionista e di cultura socialista, quando il Partito d’Azione si sciolse, nel 1947, al pari di Riccardo Lombardi, Francesco De Martino e Gaetano Arfé decise di aderire al PSI. La sua carriera è stata sempre a metà strada fra sindacato e politica. Prima segretario degli edili della Cgil (sino al 1955), poi vicesegretario del PSI, infine Ministro del lavoro nel governo presieduto da Mariano Rumor. Da Segretario Confederale della Cgil scrisse il documento di condanna della soppressione sovietica alla Rivolta d’Ungheria, documento di condanna che venne adottato da Giuseppe Di Vittorio. Benché sia stato stroncato da un tumore, il suo passaggio al Ministero del lavoro ha lasciato un segno enorme, perché, a parte lo Statuto, a lui si devono anche il superamento delle gabbie salariali e la prima vera ristrutturazione del sistema previdenziale.
Nato il 19 luglio del 1920 a Recanati, è morto a Zurigo, dove si era trasferito nell’ultima fase della sua malattia, proprio oggi 11 luglio, del 1969.
La notte di Capodanno del 1969 Brodolini la trascorse con i lavoratori dell’Apollon, un’azienda tipografica in via di smantellamento, ed è proprio lì che pronunciò la famosa frase “da una sola parte, dalla parte dei lavoratori”.
Per ricordalo desideriamo riportare un bel passo dell’intervento che fece al congresso della Feneal-Uil del 1969, poco prima di morire: “La causa dell’unità sindacale dei lavoratori italiani mi è sommamente cara. Mi è cara non soltanto per ragioni sentimentali ma anche per ragioni politiche. Io penso che viviamo una fase di transizione, di trapasso della nostra democrazia, caratterizzata dalla ricerca di soluzioni più avanzate capaci di meglio corrispondere alle inquietudini, alle sollecitazioni, alle richieste che salgono dalla società. Viviamo, senza dubbio, in una democrazia formale che è qualcosa di meglio della non democrazia, di cui, come è stato ricordato, soffrono i lavoratori di altri paesi. Ma anche la nostra democrazia ha bisogno di essere corretta, di essere migliorata, di essere adeguata, di essere arricchita, di diventare una democrazia che sia vivente coscienza del popolo, amata da tutti i lavoratori. Questa democrazia ha bisogno oltre che di forma, di sostanza; non ha bisogno di esplicarsi solo attraverso la elezione quinquennale del parlamento ma anche attraverso l’autorità, la rappresentatività, il prestigio, la compartecipazione al potere delle grandi forze sociali, delle grandi organizzazioni popolari, delle grandi formazioni sindacali” :
Parole ancora oggi di attualità.


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