13 aprile 1944. Bruno Buozzi viene arrestato a Roma


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13 aprile 1944. Bruno Buozzi viene arrestato a Roma

13 aprile 1944 a Roma in una casa a viale del Re (l’attuale viale Trastevere) viene arrestato dalla polizia fascista Bruno Buozzi.
Tradotto nella prigione di via Tasso, ne uscirà solo il 4 giugno 1944 per l’ultimo viaggio che si concluderà a La Storta.
Quella cella l’ha descritta un prigioniero, compagno di cella di sventura Bruno Buozzi, calabre di Tropea, arrestato perché renitente alla leva. Aveva redatto un diario che, in forma anonima, poi spedì alla vedova del leader sindacale. Raccontava di una cella “troppo piccola per alloggiare sette persone. Le sue dimensioni possono essere presso a poco di m. 3.30 per 2,30. In permanenza ci illumina una lampadina elettrica... A disposizione si ha una copertina con abbastanza insetti (pidocchi grossi in specie). Ci si deve sdraiare sul duro pavimento, e quasi spesso a ridosso l’uno dell’altro... Bruno Buozzi – Tra i miei compagni di cella, uno in particolar modo aveva destato in me sin dal primo giorno una certa attenzione per il suo modo di parlare e il suo atteggiamento che sembrava nervosissimo ma che, invece, col tempo, notai che si trattava di carattere abituale. Era questi un esemplare uomo, dall’età di circa 62 anni, alto, dall’aspetto vigoroso e dal pensiero profondo in ogni discussione. Un giorno, ricordo, vengo spinto dalla curiosità di domandargli la sua professione nella vita civile. A tale domanda ricevo ampia soddisfazione con un riepilogo della sua vita. Si trattava di un uomo veramente eccezionale, nato da umili genitori e con un grande ideale per il quale, direi quasi senza che si fosse avveduto, la sua vita venne spezzata dalla rabbia teutonica, alimentata da quella del nefasto fascismo. Quest’uomo, ch’io conoscevo dapprima sotto il nome di Alberti (era il cognome annotato sui documenti falsi, consegnati anche alle SS che si erano presentate alla sua porta l’infausta mattina del 13 aprile 1944), non era altro che il grande Bruno Buozzi, tre volte deputato nella sua carriera politica... Era per noi, suoi compagni di cella, come un padre, talché lo chiamavamo papà. Fu, fino all’ultimo giorno, a noi di conforto e di incoraggiamento. Sempre allegro, indifferente ai maltrattamenti delle guardie tedesche, il suo pensiero di tanto in tanto alla sua diletta e desolata moglie, nascosta anche lei sotto falso nome a Roma, quando alle sue due figlie in Francia, i rompere la monotonia e la tristezza che spesso ci assaliva” (Gino Castagno: “Bruno Buozzi” ristampa del volume Edizioni Avanti! 1955, pagg. 173-4-5).

Sulla latitanza di Buozzi a Roma, ricordiamo che fu tra coloro che combatterono a Porta San Paolo per la difesa della città dopo l’8 settembre, e sul suo arresto ci sono ancora parecchi lati da chiarire.


13 aprile 1944 a Roma in una casa a viale del Re (l’attuale viale Trastevere) viene arrestato dalla polizia fascista Bruno Buozzi. Tradotto nella prigione di via Tasso, ne uscirà solo il 4 giugno 1944 per l’ultimo viaggio che si concluderà a La Storta.  Quella cella l’ha descritta un prigioniero, compagno di sventura di Bruno Buozzi, calabre di Tropea, arrestato perché renitente alla leva. Aveva redatto un diario che, in forma anonima, poi spedì alla vedova del leader sindacale. Raccontava di una cella “troppo piccola per alloggiare sette persone. Le sue dimensioni possono essere presso a poco di m. 3.30 per 2,30. In permanenza ci illumina una lampadina elettrica... A disposizione si ha una copertina con abbastanza insetti (pidocchi grossi in specie). Ci si deve sdraiare sul duro pavimento, e quasi spesso a ridosso l’uno dell’altro... Bruno Buozzi – Tra i miei compagni di cella, uno in particolar modo aveva destato in me sin dal primo giorno una certa attenzione per il suo modo di parlare e il suo atteggiamento che sembrava nervosissimo ma che, invece, col tempo, notai che si trattava di carattere abituale. Era questi un esemplare uomo, dall’età di circa 62 anni, alto, dall’aspetto vigoroso e dal pensiero profondo in ogni discussione. Un giorno, ricordo, vengo spinto dalla curiosità di domandargli la sua professione nella vita civile. A tale domanda ricevo ampia soddisfazione con un riepilogo della sua vita. Si trattava di un uomo veramente eccezionale, nato da umili genitori e con un grande ideale per il quale, direi quasi senza che si fosse avveduto, la sua vita venne spezzata dalla rabbia teutonica, alimentata da quella del nefasto fascismo. Quest’uomo, ch’io conoscevo dapprima sotto il nome di Alberti (era il cognome annotato sui documenti falsi, consegnati anche alle SS che si erano presentate alla sua porta l’infausta mattina del 13 aprile 1944), non era altro che il grande Bruno Buozzi, tre volte deputato nella sua carriera politica... Era per noi, suoi compagni di cella, come un padre, talché lo chiamavamo papà. Fu, fino all’ultimo giorno, a noi di conforto e di incoraggiamento. Sempre allegro, indifferente ai maltrattamenti delle guardie tedesche, il suo pensiero di tanto in tanto alla sua diletta e desolata moglie, nascosta anche lei sotto falso nome a Roma, quando alle sue due figlie in Francia, i rompere la monotonia e la tristezza che spesso ci assaliva” (Gino Castagno: “Bruno Buozzi” ristampa del volume Edizioni Avanti! 1955, pagg. 173-4-5). Sulla latitanza di Buozzi a Roma, ricordiamo che fu tra coloro che combatterono a Porta San Paolo per la difesa della città dopo l’8 settembre, e sul suo arresto ci sono ancora parecchi lati da chiarire.  Nella foto la scheda segnaletica di Bruno Buozzi

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