9 febbraio 2019


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9 febbraio 2019

Tornano in campo Cgil, Cisl e Uil
di Giorgio Benvenuto


ornano in campo Cgil, Cisl e Uil di Giorgio Benvenuto Il sindacato torna a Piazza San Giovanni, una grande piazza che vale sempre un esame impegnativo, superabile se si è uniti e se il rapporto con i lavoratori è forte.
E’ una scelta positiva mentre l’orizzonte economico si incupisce con previsioni che sfiorano la crescita zero e fanno balenare il rischio di ritrovarsi in una nuova spirale recessiva.
Non va dimenticato che nel 2008 per mesi ci si illuse che il rallentamento economico sarebbe stato transitorio ed abbiamo poi subito una crisi lunghissima e profonda.
Ma è una decisione importante anche perché in questo Paese mai come ora c’è bisogno di coesione, di riunificare le tante condizioni di lavoro in un progetto di crescita che rilanci anche il valore della dignità dei lavoratori, dei loro diritti.
Fanno bene le Confederazioni a non attardarsi come un tempo sulla diatriba di come definire la manifestazione, se sia rivolta contro il Governo o meno. Non sono tanto i provvedimenti del Governo, che in parte comunque cercano di intervenire sul disagio sociale (magari facendo confusione fra il sostegno al reddito ed il lavoro che può generare anche guerre fra poveri da evitare) a dover essere al centro delle preoccupazioni dei prossimi mesi, quanto la mancanza di decisioni su investimenti efficaci sul piano infrastrutturale e riforme come quella fiscale che possono impedire la marginalizzazione dell’economia italiana e nuove diseguaglianze sociali.
I problemi che questa complicata fase della globalizzazione porta con sé sono ad alto rischio per una economia manifatturiera votata all’export come la nostra e che sconta ritardi che non si colmano cercando miopi alleanze con i peggiori sentimenti sovranisti in giro per il Vecchio Continente.
Ecco perché è fondamentale che le ragioni del lavoro tornino in piazza a far sentire forte la loro voce e che siano i corpi intermedi, ingiustamente bistrattati, ad interpretarle e farle valere. Se c’è un errore che essi non devono fare è quello di sottovalutare la portata delle iniziative e delle proposte che possono essere messe in campo. Tutto è oggi fragile: l’economia, le Istituzioni, la politica. Ma non è fragile, se ci si mette intelligenza e passione, la spinta che può provenire dalle forze sociali che mantengono comunque un legame concreto con la realtà e non hanno bisogno di inventarsi con la propaganda o le nostalgie un Paese che non esiste. Non è un caso che anche le forze imprenditoriali, forse per la prima volta in modo tanto partecipe, guardano con attenzione alla ripresa della iniziativa sindacale. È il segno di una volontà a non rassegnarsi che può riportare la discussione sulle questioni centrali dello sviluppo su terreni che non siano più quelli del rancore, degli odi reciproci, di un giustizialismo che nasconde in sé germi di autoritarismo.
La piattaforma sindacale che ha costituito la base per la preparazione della manifestazione di San Giovanni invece affronta i problemi del Paese, reclama risposte dal Governo, si sforza di offrire soluzioni utili per gli interessi generali rimessi in discussione dalla stagnazione. Si esprime con la proposta e non con una sterile protesta. Cogliere questo elemento di fondo che emerge dalle richieste sindacali allora per il Governo Conte dovrebbe essere non un atto di cortese diplomazia che non lascia poi traccia, ma un dovere di chi deve avere a cuore le prospettive economiche e sociali dell’Italia che sono a rischio e quindi vanno ben oltre la detenzione del potere o gli appuntamenti elettorali.

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