Giacomo Manicini un indimenticato e indimenticabile leader socialista


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Giacomo Manicini un indimenticato e indimenticabile leader socialista

L’8 aprile del 2002 moriva a ottantasei anni Giacomo Mancini

L’8 aprile del 2002 moriva a ottantasei anni Giacomo Mancini Storico esponente socialista calabrese, deputato per 10 legislature, segretario del partito per due anni, più volte ministro nei governi di centrosinistra degli anni 60 e 70, sindaco della sua Cosenza dal 1993 alla sua scomparsa.
Figlio d’arte. Il padre Pietro nel 1904 costituì la prima sezione socialista di Cosenza. Fondò, nel 1905, «La Parola socialista», uno dei più antichi fogli socialisti dell’Italia Meridionale. Nel 1907 fu eletto consigliere del Comune di Cosenza. Eletto deputato il 15 maggio 1921 nel Collegio di Catanzaro fu eletto nuovamente deputato il 6 aprile 1924 per la circoscrizione della Calabria e della Basilicata per la ventisettesima legislatura. Fu il solo deputato dell’opposizione che le regioni calabrese e lucana mandarono alla Camera. Fu Ministro dal 22 aprile al 18 giugno 1944, nel 2° Gabinetto Badoglio.
Giacomo seguì sin da giovanissimo le orme paterne nel Partito Socialista divenendo il 5 dicembre del 1963 Ministro della Salute nel primo governo Moro. Il suo dicastero verrà ricordato per una iniziativa importantissima, la campagna sul vaccino antipolio.
Nel luglio 1964 viene nominato ministro dei Lavori Pubblici, dove costruisce le ambiziosi basi per la prosecuzione dell’Autostrada del Sole fino a Reggio Calabria.
Il 23 aprile 1970 viene eletto segretario del Partito Socialista, in un momento critico della storia del partito (si è appena scisso dal PSDI), e lui stesso è colpito da una feroce campagna del “Candido” sul suo dicastero ai Lavori Pubblici. Come se non bastasse, il 1970 è anche l’anno dei “moti di Reggio Calabria”, e la regione di cui è capolista da un quarto di secolo è messa a ferro e fuoco da terribili tensioni sociali, che toccano la sua figura.
La sua segreteria si conclude nel novembre 1972. È al governo per un breve mandato ministeriale agli interventi straordinari del Mezzogiorno nel 74, in cui cerca di esercitare la sua influenza per completare il Quinto Polo Siderurgico di Gioia Tauro, ma il progetto fallisce, e solo il porto viene completato.
È uno degli artefici, nel luglio 1976, dell’elezione di Bettino Craxi alla guida del Partito Socialista.
Nel 1993, con il Partito Socialista nel pieno della bufera di mani pulite, ormai 77enne, viene eletto sindaco della sua Cosenza. Giacomo Mancini muore a 86 anni l’8 aprile 2002, ricoprendo ancora la carica di sindaco della sua città natia.
Giorgio Benvenuto in un’intervista di alcuni anni fa ricorda, tra le altre cose, l’inteso rapporto tra Mancini e il sindacato: “Giacomo Mancini appoggiò senza riserve le battaglie del sindacato per le riforme, favorì i processi di unità sindacale; fu vicino ai socialisti della UIL e della UILM quando vennero messi in minoranza dai socialdemocratici e dai repubblicani. Colse i fermenti nuovi che si affermavano nella società alla fine degli anni sessanta e appoggiò l’azione del sindacato tendente a trasformare la protesta in proposte capaci di realizzare le riforme. Sapeva che la debolezza delle istituzioni democratiche, la crisi del centrosinistra, la difficoltà di realizzare nuovi equilibri richiedevano come antidoto un forte sindacato unitario”.
Così scriveva Benvenuto e proprio in quest’ambito è importante riportare un articolo di Giacomo Mancini uscito su l’“Avanti!” del 30 luglio 1971 dal titolo eloquente Difendere la Uil dall’attacco scissionista: “Oggi vediamo quale malapianta abbia germogliato all’ombra di quelle esasperazioni. Oggi vediamo i tentativi di divisione invadere lo stesso campo sindacale in opposizione a un processo unitario che certamente porrà problemi allo Stato, ai partiti, all’impresa pubblica e privata ma che è un processo nello stesso tempo altamente positivo poiché esso non potrà avere altro sbocco che quello della più ampia assunzione di responsabilità delle masse operaie di fronte ai problemi generali. Se i tempi scelti dai metalmeccanici per il raggiungimento della loro unità sono più brevi [...] di questo si possono ringraziare tante ottusità, tanti calcoli sbagliati che hanno acceso le lotte sindacali dei metalmeccanici forgiando in essi una più profonda coscienza unitaria [...] Per questo noi riteniamo un grave e inutile errore i tentativi di divisione o addirittura di scissione che sono in atto nella Uil. Se i tempi peggioreranno non sarà un fantasma di sindacato scissionista che avrà una parola da spendere [...] Per l’unità della Uil e per l’unità sindacale il nostro partito deve impegnarsi subito, in questi giorni in una azione pronta e immediata di difesa nella consapevolezza che l’attacco contro la Uil e il sindacato dei metalmeccanici che della Uil è il distaccamento più combattivo e avanzato, trova ispirazione e appoggi nelle stesse forze che il Psi ha dovuto fronteggiare nel luglio 1969. La battaglia per l’unità della Uil contro gli scissionisti è un capitolo di una battaglia più generale che si svolge sul terreno sindacale e su quello politico”.

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