Ieri presso la ’Casa della memoria e della Storia’ di Roma abbiamo ricordato Ruggero Ravenna. Di seguito pubblichiamo il toccante intervento del figlio Raoul. L’altro figlio Renato è intervenuto in video da Melbourne, nei prossimi giorni pubblicheremo anche le sue parole.


L'italia di ieri, di oggi e di domani.

FONDAZIONE BRUNO BUOZZI

Ieri presso la ’Casa della memoria e della Storia’ di Roma abbiamo ricordato Ruggero Ravenna. Di seguito pubblichiamo il toccante intervento del figlio Raoul. L’altro figlio Renato è intervenuto in video da Melbourne, nei prossimi giorni pubblicheremo anche le sue parole.

Cari amici di Ruggero.
Sono Raoul, suo figlio, chiamato insieme a mio fratello Renato a dare oggi una breve testimonianza sulla nostra Vita col Padre.
Grazie per la vostra presenza a questo evento commovente e sereno voluto e chiamato da Giorgio e preparato dalla Fondazione Bruno Buozzi, cui va tutta la nostra gratitudine, e per essere qui a rivolgergli il vostro pensiero alla fine della sua lunga ed intensa parabola.
È stato Renato a prendersi cura di lui con assiduità ed affetto, nello spirito e nel corpo, durante un lungo periodo e fino agli ultimissimi momenti, e qui il loro legame si è andato sempre più rafforzando: a lui spettano quindi il merito e l’onore di introdurre il ricordo, così com’è stato.
Nella turbolenza che accompagna il distacco emergono molte memorie allo sguardo interiore e si accumulano ritorni che la rete di amicizie e relazioni intorno a Ruggero, di cui noi siamo parte, ci porta: collegati tra loro danno una possibile lettura complessiva, un possibile disegno di quella parabola, disegno che siamo spinti a cercare in questi momenti.
Ad un figlio, le memorie col padre evocano intimità che ci sono care, brillanti scintille di intelligenze reciproche, conflitti perfino incresciosi, indifferenze ed imbarazzi, soprattutto occasioni mancate, e tutte vanno a comporre una storia di necessaria creazione di spazi tra loro complementari che sono quelli in cui si sono sviluppate, confrontate ed espresse le nostre Persone, e che continuano a farlo oltre al limite imposto da un apparente non-essere.
Sono soprattutto memorie private, e non vale la pena di condividerle se non in ristretti conversari, ma poche cose del passato mi piace citarle in questa sede.
La sua famiglia di origine, ampia, di poveri mezzi, governata, col piglio a cui lui si sarebbe poi sempre ispirato, dalla sua amatissima madre; l’emigrazione per la crisi del ventinove in Sardegna tra malaria e piediscalzi, il suo slancio giovanile verso l’apprendere, lo studiare, il catturare agilmente, slancio di cui abbiamo beneficiato noi figli come stimolo alla nostra formazione; il rapporto così stretto e felice con Danira, che amo qui ricordare con immenso affetto, che è stato fondante nella costruzione di quella Persona che oggi qui ricordiamo; la nobile arte tipografica, così importante per l’origine del Socialismo e delle Lotte Operaie, che lui ha praticato e che lo ha portato nel sindacato alla federazione dei Poligrafici; i suoi doni inattesi, il vinile di Woodstock da Chicago nel sessantotto, il Goethe completo da Francoforte negli anni ottanta, ed ultima ma assai viva, quel suo affettuoso sentimentale romanticismo di cui ho molto goduto da piccolo e che poi si è certo espanso in dimensioni ulteriori.
I ritorni ci sono e moltissimi. Quanto scritto e detto da Renato riassume anche per me in maniera sintetica e mirabile chi per noi fosse Ruggero, e certamente riconoscerete in quel ritratto il Ruggero da voi conosciuto. Il tuttotondo è già lì: genialmente curioso, operativo con piglio, consapevole del suo potenziale, un vero italiano direi, se questa espressione fosse scevra da risonanze a lui per niente gradite. E se d’altr’onde nomina sunt omina, Ruggero non è forse un fiero paladino amoroso?
C’è chi lo ha descritto in una breve recente memoria come ombroso, severo, esigente: chi più di un figlio può convenire su questo profilo così catoniano? Si accenna nello stesso profilo ad ascolto e dialogo, e le ultime belle conversazioni con Giorgio mi hanno assai illuminato sulle sue abilità negoziali, si accenna a convinzione frutto di profonda elaborazione e della sua conseguente intransigente determinazione, fino ad essere combattivo e pugnace, accenni che non saprei davvero come contraddire, se non altro perché’ li riconosco, in qualche misura, in me stesso.
Ma i ritorni più grati sono le attestazioni di stima da parte di chi ora lo chiama mentore e maestro: colleghi, collaboratori, compagni di lotta, familiari della mia generazione che si sono giovati delle sue nette, incisive raccomandazioni dettate dal principio di realtà cui si è sempre costantemente ispirato, formative per tutti noi in una misura che ora si rivela e si dichiara nella sua profondità: cose magari sapute o intuite, ma che ora enunciate da chi le ha vissute, diventano più vere, più prospettiche ed ampie, e il disegno ne prende più forma e colore.
Nel libro che la Fondazione Buozzi ha approntato come omaggio per il suo ottantesimo spiccano le bellissime foto scelte dall’archivio di Giorgio, che danno spessore umano ed emotivo ai più intensi momenti della sua, della vostra, vita sindacale.
Ma Ruggero ha coraggiosamente affrontato anche una trasformazione che da personaggio chiave della storia sindacale italiana lo ha portato a rivestire un’importantissima carica istituzionale, ed insieme con questa gli ha dato accesso ad un mondo finanziario per lui nuovo, ed in entrambe ha svolto egregiamente il suo ruolo con slancio di razionalizzazione e modernizzazione, con progetti che la storia si è poi incaricata di vagliare a suo estro, in un modo o nell’altro.
In quegli anni Ruggero ha dovuto affrontare momenti assai critici per il suo stato di salute, e lo ha fatto con grande coraggio e assoluto controllo. La sua intensa vita pubblica è poi giunta al termine, e la sua energia si è rivolta al privato, al viaggiare e conoscere il mondo, ad interpretare gli eventi, ad approfondire le sue conoscenze di storia, con particolare attenzione al seicento come al secolo in cui si iniziano ad affermare la cultura e la tecnologia alla base del nostro contemporaneo.
La sua attenzione all’evoluzione tecnologica dagli anni ottanta in poi, soprattutto a quella informatica, ed a tutti i suoi portati di ampiamento, distribuzione, globalizzazione ed utilizzo dell’informazione, è stata al centro dei suoi interessi, e nei periodi passati in Australia, con l’ausilio del Patronato, ha anche curato con dedizione i primi passi di alfabetizzazione informatica di emigrati italiani di vecchia data, la cui gratitudine ho avuto il privilegio di cogliere incontrandoli con lui.
L’intensa vitalità di Ruggero, il suo attaccamento alla vita sono stati aspetti del suo carattere con cui ha dovuto confrontarsi avvicinandosi al passaggio finale, un confronto che ha avuto naturalmente degli aspetti conflittuali, ma da quanto abbiamo colto attraverso il suo austero riserbo ha raggiunto coscienza di questo passaggio con visionaria sottile chiarezza, con coraggio ed ispirazione, liberando i nostri cuori di figli da trepidazioni sulla sua presenza mentale e sulla sua temuta amarezza lungo il definitivo tratto del lungo percorso. Augurargli leggerezza di cuore per l’altrove, qualunque esso sia, è quanto possiamo meglio fare per lui.
Qui mi fermo, ringraziando ancora una volta. Ma voglio concludere rammentando un ultimo speciale momento che Ruggero, Renato ed io abbiamo vissuto insieme, viaggiando in auto, su ispirata proposta del caro Renato, fino all’estremità est della baia di Melbourne, un piccolo borgo sul mare che si chiama Sorrento. Questo Torna a Surriento antipodale resterà nella nostra memoria come il suo silenzioso, sereno, visionario viatico per il caos prossimo venturo che ancora dobbiamo affrontare.


Cari amici di Ruggero. Sono Raoul, suo figlio, chiamato insieme a mio fratello Renato a dare oggi una breve testimonianza sulla nostra Vita col Padre. Grazie per la vostra presenza a questo evento commovente e sereno voluto e chiamato da Giorgio e preparato dalla Fondazione Bruno Buozzi, cui va tutta la nostra gratitudine, e per essere qui a rivolgergli il vostro pensiero alla fine della sua lunga ed intensa parabola. È stato Renato a prendersi cura di lui con assiduità ed affetto, nello spirito e nel corpo, durante un lungo periodo e fino agli ultimissimi momenti, e qui il loro legame si è andato sempre più rafforzando: a lui spettano quindi il merito e l’onore di introdurre il ricordo, così com’è stato. Nella turbolenza che accompagna il distacco emergono molte memorie allo sguardo interiore e si accumulano ritorni che la rete di amicizie e relazioni intorno a Ruggero, di cui noi siamo parte, ci porta: collegati tra loro danno una possibile lettura complessiva, un possibile disegno di quella parabola, disegno che siamo spinti a cercare in questi momenti. Ad un figlio, le memorie col padre evocano intimità che ci sono care, brillanti scintille di intelligenze reciproche, conflitti perfino incresciosi, indifferenze ed imbarazzi, soprattutto occasioni mancate, e tutte vanno a comporre una storia di necessaria creazione di spazi tra loro complementari che sono quelli in cui si sono sviluppate, confrontate ed espresse le nostre Persone, e che continuano a farlo oltre al limite imposto da un apparente non-essere.  Sono soprattutto memorie private, e non vale la pena di condividerle se non in ristretti conversari, ma poche cose del passato mi piace citarle in questa sede. La sua famiglia di origine, ampia, di poveri mezzi, governata, col piglio a cui lui si sarebbe poi sempre ispirato, dalla sua amatissima madre; l’emigrazione per la crisi del ventinove in Sardegna tra malaria e piediscalzi, il suo slancio giovanile verso l’apprendere, lo studiare, il catturare agilmente, slancio di cui abbiamo beneficiato noi figli come stimolo alla nostra formazione; il rapporto così stretto e felice con Danira, che amo qui ricordare con immenso affetto, che è stato fondante nella costruzione di quella Persona che oggi qui ricordiamo; la nobile arte tipografica, così importante per l’origine del Socialismo e delle Lotte Operaie, che lui ha praticato e che lo ha portato nel sindacato alla federazione dei Poligrafici; i suoi doni inattesi, il vinile di Woodstock da Chicago nel sessantotto, il Goethe completo da Francoforte negli anni ottanta, ed ultima ma assai viva, quel suo affettuoso sentimentale romanticismo di cui ho molto goduto da piccolo e che poi si è certo espanso in dimensioni ulteriori. I ritorni ci sono e moltissimi. Quanto scritto e detto da Renato riassume anche per me in maniera sintetica e mirabile chi per noi fosse Ruggero, e certamente riconoscerete in quel ritratto il Ruggero da voi conosciuto. Il tuttotondo è già lì: genialmente curioso, operativo con piglio, consapevole del suo potenziale, un vero italiano direi, se questa espressione fosse scevra da risonanze a lui per niente gradite. E se d’altr’onde nomina sunt omina, Ruggero non è forse un fiero paladino amoroso? C’è chi lo ha descritto in una breve recente memoria come ombroso, severo, esigente: chi più di un figlio può convenire su questo profilo così catoniano? Si accenna nello stesso profilo ad ascolto e dialogo, e le ultime belle conversazioni con Giorgio mi hanno assai illuminato sulle sue abilità negoziali, si accenna a convinzione frutto di profonda elaborazione e della sua conseguente intransigente determinazione, fino ad essere combattivo e pugnace, accenni che non saprei davvero come contraddire, se non altro perché’ li riconosco, in qualche misura, in me stesso. Ma i ritorni più grati sono le attestazioni di stima da parte di chi ora lo chiama  mentore e maestro: colleghi, collaboratori, compagni di lotta, familiari della mia generazione che si sono giovati delle sue nette, incisive raccomandazioni dettate dal principio di realtà cui si è sempre costantemente ispirato, formative per tutti noi in una misura che ora si rivela e si dichiara nella sua profondità:  cose magari sapute o  intuite, ma che ora enunciate da chi le ha vissute, diventano più vere, più prospettiche ed ampie, e il disegno ne prende più forma e colore. Nel libro che la Fondazione Buozzi ha approntato come omaggio per il suo ottantesimo spiccano le bellissime foto scelte dall’archivio di Giorgio, che danno spessore umano ed emotivo ai più intensi momenti della sua, della vostra, vita sindacale. Ma Ruggero ha coraggiosamente affrontato anche una trasformazione che da personaggio chiave della storia sindacale italiana lo ha portato a rivestire un’importantissima carica istituzionale, ed insieme con questa gli ha dato accesso ad un mondo finanziario per lui nuovo, ed in entrambe ha svolto egregiamente il suo ruolo con slancio di razionalizzazione e modernizzazione, con progetti che la storia si è poi incaricata di vagliare a suo estro, in un modo o nell’altro. In quegli anni Ruggero ha dovuto affrontare momenti assai critici per il suo stato di salute, e lo ha fatto con grande coraggio e assoluto controllo. La sua intensa vita pubblica è poi giunta al termine, e la sua energia si è rivolta al privato, al viaggiare e conoscere il mondo, ad interpretare gli eventi, ad approfondire le sue conoscenze di storia, con particolare attenzione al seicento come al secolo in cui si iniziano ad affermare la cultura e la tecnologia alla base del nostro contemporaneo.  La sua attenzione all’evoluzione tecnologica dagli anni ottanta in poi, soprattutto a quella informatica, ed a tutti i suoi portati di ampiamento, distribuzione, globalizzazione ed utilizzo dell’informazione, è stata al centro dei suoi interessi, e nei periodi passati in Australia, con l’ausilio del Patronato, ha anche curato con dedizione i primi passi di alfabetizzazione informatica di emigrati italiani di vecchia data, la cui gratitudine ho avuto il privilegio di cogliere incontrandoli con lui. L’intensa vitalità di Ruggero, il suo attaccamento alla vita sono stati aspetti del suo carattere con cui ha dovuto confrontarsi avvicinandosi al passaggio finale, un confronto che ha avuto naturalmente degli aspetti conflittuali, ma da quanto abbiamo colto attraverso il suo austero riserbo ha raggiunto coscienza di questo passaggio con visionaria sottile chiarezza, con coraggio ed ispirazione, liberando i nostri cuori di figli da trepidazioni sulla sua presenza mentale e sulla sua temuta amarezza lungo il definitivo tratto del lungo percorso. Augurargli leggerezza di cuore per l’altrove, qualunque esso sia, è quanto possiamo meglio fare per lui. Qui mi fermo, ringraziando ancora una volta. Ma voglio concludere rammentando un ultimo speciale momento che Ruggero, Renato ed io abbiamo vissuto insieme, viaggiando in auto, su ispirata proposta del caro Renato, fino all’estremità est della baia di Melbourne, un piccolo borgo sul mare che si chiama Sorrento. 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