La ’’Muta’’ di Raffaello


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La ’’Muta’’ di Raffaello

Scomparsa (e per fortuna ritrovata) la notte tra il 5 e il 6 febbraio 1975

Raffaello la Muta Accadde nella notte tra il 5 e il 6 febbraio 1975.

Le notizie sulla scomparsa di opere d’arte hanno sempre fatto scalpore, soprattutto se i dipinti non vengono più ritrovati. Fortunatamente in questo caso, i tre capolavori sono stati recuperati l’anno dopo il furto. Si tratta di due opere di Raffaello, la "Muta" e la "Flagellazione di Cristo" e di un quadro di Piero della Francesca, la "Madonna di Senigallia". Le opere avevano e hanno tuttora un valore inestimabile. La loro scomparsa fu un colpo al cuore per i cittadini di Urbino, in particolare perché si trattava di opere che i turisti andavano ad ammirare una volta giunti in città e soprattutto perché Raffaello era nato proprio ad Urbino. La "Muta" è sicuramente tra tutti e tre il quadro più enigmatico. È una tavola dipinta dal Sanzio nel 1507. La committenza è ancora oggi dubbia. L’opera è stata realizzata alla fine del suo soggiorno fiorentino e forse è stata richiesta da una famiglia locale (gli Strozzi probabilmente). Parte della critica ritiene invece sia stata chiesta dai Della Rovere. La cosa certa è che nella metà degli anni Sessanta del Seicento il quadro compare nell’inventario dei Medici e non sappiamo come sia arrivato fino a loro. Grandi sono infatti i buchi documentari sulla sua vicenda. Il termine "Muta" deriva dall’espressione malinconica e quasi senza espressione della donna (ritratta in seguito ad un lutto?), che ha dei grandissimi rimandi alla Gioconda, evidenti nella posa. E non è una cosa che deve stupire. Raffaello guardava Leonardo e molti dei suoi ritratti sono stati dipinti tenendo conto dei modelli vinciani (basti ricordare la "Madonna del liocorno").
La "Madonna di Senigallia" di Piero invece è stata realizzata in un periodo che va dal 1570 alla metà degli anni Ottanta. Probabilmente è stata dipinta a poca distanza dalla famosa "Pala di Brera" (conservata appunto nella Pinacoteca di Brera di Milano) in quanto lo stile è molto simile, realizzata per il matrimonio tra Giovanna, figlia di Federico da Montefeltro, con il signore di Senigallia Giovanni della Rovere. La Madonna è monumentale, prende quasi tutto lo spazio della tavola ed ha in braccio il Bambino, anche lui maestoso. Dietro due angeli, uno alla destra e uno alla sinistra. Il volto di quello alla destra di Maria ricorre in altri dipinti di Piero, nella "Pala di Brera" e nella "Flagellazione di Cristo". Sullo sfondo vediamo una finestra aperta da cui entra luce, chiaro rimando all’arte fiamminga (ricorda molto gli interni di Vermeer). La maestosità delle figure di Piero deve essere collegata ai suoi studi sulla prospettiva e sulla geometria. Il "De Prospectiva Pingendi" (1482 circa) è stato uno dei testi di riferimento più importanti per capire queste argomentazioni, iniziate poco tempo prima da Brunelleschi.
Tutte e tre le opere vennero ritrovate un anno dopo la scomparsa dai Carabinieri di Locarno. Era il 23 marzo 1976. Ancora oggi sono visibili ad Urbino.

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