La prima tessera del Partito Socialista 1905


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   26 Gennaio 2019

La prima tessera del Partito Socialista 1905

Un berretto frigio simbolo dil libertà, un libro simbolo di conoscenza

Un berretto frigio simbolo di libertà, un libro simbolo di conoscenza La prima tessera del partito socialista italiano è nata nel 1905.
Un’elegante donna con un berretto frigio tiene con la mano destra un martello e ha il braccio sinistro poggiato su dei libri. Sullo sfondo una città industriale. Nella parte bassa corre la scritta «Partito Socialista Italiano tessera di riconoscimento per l’anno 1905». L’autore della grafica è Gabriele Galantara, caricaturista e disegnatore satirico, nato nella seconda metà dell’Ottocento. Nonostante si iscrisse alla facoltà di matematica, non seguì quasi mai le lezioni e manifestò subito una grande propensione per il disegno, soprattutto per il genere della caricatura. Esordì nel 1886 con il nome di “Blitz” sul settimanale umoristico “Ehi ch’al scusa” che trattava più che altro di pettegolezzi. Solo l’anno dopo iniziò a frequentare l’Accademia di Belle Arti di Bologna. Lavorò spesso con l’amico Guido Podrecca che conobbe proprio in questa città. Una volta trasferitosi a Roma fondò insieme a Podrecca la rivista “L’Asino”, Podrecca ne divenne direttore, Galantara invece si occupava delle illustrazioni, firmandosi con i più svariati pseudonimi. Alla fine dell’Ottocento collaborò anche con l’”Avanti!”, realizzando ogni giorno una vignetta satirica.
Dal punto di vista iconografico la prima tessera socialista presenta degli elementi davvero molto interessanti. Il più importante di tutti è il berretto frigio indossato dalla donna. In questo caso è usato come simbolo di libertà, ma la sua storia è antica e inizia secoli e secoli prima, quando ancora non aveva questa accezione. I primi a fare uso del berretto frigio furono i Persiani, tra il VI e il II secolo a.C. Si tratta di un berretto rosso con la punta piegata in avanti, ricavato dalla pelle di un capretto. Il suo nome deriva dalla regione della Frigia, oggi Anatolia centrale. La forma particolare è nata dal modo in cui un tempo si portava il cappello: le zampe posteriori venivano legate sotto il mento e le anteriori si piegavano in alto, creando così la punta. I persiani lo usavano per celebrare i culti Eleusini, che si celebravano ogni anno ad Eleusi nel santuario di Demetra. Questi culti erano ctoni e fortemente misterici, si diceva infatti che gli iniziati avessero delle visioni. Alla fine della cerimonia si poggiava sul capo di ognuno il berretto frigio che veniva paragonato alla corona di un re. Il culto di Demetra era molto importante all’epoca, perché la dea incarnava il ciclo eterno della natura che si rigenera, quindi anche il cappello assumeva le stesse valenze se indossato dagli iniziati.
Successivamente troviamo l’uso del berretto frigio nei culti legati al dio Mitra. Lo indossavano i sacerdoti del Sole, in Frigia, per celebrare i miti legati alla divinità, che ha origini indo-iraniane. Se ne parla infatti per la prima volta nei “Veda”, gli antichi testi indiani. Mitra era una sorta di Dio trinitario, in quanto dentro di lui convergevano le entità della madre, del padre e del figlio. Soltanto successivamente, nello Zoroastrismo, Mitra diventerà un Dio unico. A Roma il suo culto comparirà per la prima volta nell’epoca di Nerone e sarà usato dai legionari romani come figura di un dio legato alla forza per le sue imprese mitiche. Non è un caso infatti che nell’arte antica, in particolare sui bassorilievi, il dio Mitra venisse rappresentato proprio con questo cappello, soprattutto nelle scene della “tauroctonia” (uccisione del toro), l’iconografia più usata in ambito mitraico.
Soltanto a partire dall’epoca romana il berretto frigio divenne simbolo di libertà. Ci troviamo in epoca repubblicana, momento in cui il cappello veniva donato dai padroni ai liberti, una volta che questi ultimi venivano liberati. Nelle monete battute dai cesaricidi, il cappello frigio (che aveva il nome di “pileus”) era rappresentato su una delle due facce, fiancheggiato da una coppia di pugnali. Indicava così il progresso e la libertà.
Anche nel mondo cristiano si farà largo uso del berretto frigio, per indicare però saggezza e maestosità. Un esempio famoso lo troviamo a Roma, nella basilica dei SS. Apostoli. Nella cripta sono state affrescate varie scene, tra cui l’ “Adorazione dei Magi” in cui vediamo questi ultimi indossare proprio il cappello frigio e le vesti tipiche dei saggi persiani. Anche a Ravenna è presente un simile esempio. Nella Basilica di San Vitale, sempre nella raffigurazione dell’”Adorazione dei Magi”, i tre uomini indossano il cappello frigio e sono vestiti come dei sacerdoti zoroastriani.
L’esempio a noi più vicino è senza ombra di dubbio la tela di Eugène Delacroix: “La libertà guida il popolo” (1830), conservato al Louvre di Parigi. Secondo Giulio Carlo Argan è il primo quadro politico della storia dell’arte moderna, quello in cui per la prima volta il popolo è protagonista assoluto, artefice del suo destino e della costruzione della propria Nazione. Un simbolo ormai mondiale di quest’opera, è la donna raffigurata al centro della scena, la famosa “Marianna”. Se si guarda attentamente, ha sul capo il berretto frigio. E non è una casualità. Era infatti usato dai galeotti di Marsiglia durante la Rivoluzione Francese, divenendo simbolo di libertà.
Torniamo così alla prima tessera socialista che, come era stato detto all’inizio, è datata 1905. Lo stile con cui Galantara l’ha disegnata richiama senza ombra di dubbio l’Art Noveau, detta in Italia “arte liberty”, che si era diffusa proprio in quegli anni. È un movimento che ha abbracciato non solo l’arte, ma anche l’architettura e la grafica. È nato nel 1890 in Francia, per poi spostarsi in tutta Europa e arrivare infine negli Stati Uniti, protraendosi fino alla Prima Guerra Mondiale. Il termine “Art Noveau” è stato ripreso dal nome del negozio aperto a Parigi nel 1895 da Sigfried Bing, che vendeva mobili, installazioni moderne e oggetti d’arte. Invece il nome “liberty” usato in Italia derivava dai magazzini di Arthur Liberty, che si trovavano a Londra, dove venivano venduti oggetti realizzati in stile Art Noveau.
L’Art Noveau è legata alla natura e la riprende stilizzandone gli elementi, rendendoli sinuosi e aggraziati. È un movimento che si poneva in netto contrasto con l’epoca dell’industrializzazione, volendo esaltare il ritorno alla natura e alla vita passata, genuina e arcaica. La donna disegnata sulla prima tessera socialista è infatti elegante e raffinata. Le vesti sembrano quasi dei panneggi della statuaria antica.
L’ideologia di base dell’Art Noveau è quella dell’ “Arts and Crafts” di William Morris, che sosteneva il ritorno all’artigianato per allontanare la produzione in serie, fortemente spersonalizzata e per nulla originale.
Dal punto di vista artistico generale il 1905 è un anno importante. Siamo ad inizio secolo, il Novecento, un periodo ricco di avvenimenti storici e artistici. In arte nascono le cosiddette “avanguardie”, cariche di carattere progressivo, innovatore e provocatore. L’avanguardia vuole sollecitare l’uomo alla sensibilità, vuole rinnovare e migliorare il vivere delle persone. Ma la base per la sua nascita arriva dalla fine dell’Ottocento, grazie all’impressionismo e ai movimenti “aggregazionisti” nati al cavallo dei due secoli. Le avanguardia toccano tutta Europa, portando un cambiamento radicale di stile e il modo di intendere l’arte. Il Fauvismo, l’Astrattismo e il Dadaismo sono solo alcuni dei movimenti che hanno cambiato il corso della storia. Questi movimenti si definivano avanguardie perché i loro membri si riunivano insieme, con precise ideologie comuni e la stesura di un “manifesto”, firmato da tutti i partecipanti.
La prima tessera socialista si muove su questo filo, a metà tra “passato” e “presente”; un passato legato all’”Art Noveau” ancora elegante e forbita, per arrivare alla “rivoluzione”, a quel cappello frigio che indica libertà e voglia di riscatto.

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