Oriana Fallaci intervista Pietro Nenni


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Oriana Fallaci intervista Pietro Nenni

Nell’aprile del 1971 Oriana Fallaci intervistò Pietro Nenni. Fu un colloquio intenso e sicuramente straordinario, un documento storico più che una semplice intervista. Riletto a quasi cinquant’anni di distanza è di una attualità incredibile. Ne pubblichiamo un breve stralcio.

Nell’aprile del 1971 Oriana Fallaci intervistò Pietro Nenni. Fu un colloquio intenso e sicuramente straordinario, un documento storico più che una semplice intervista. Riletto a quasi cinquant’anni di distanza è di una attualità incredibile. Ne pubblichiamo un breve stralcio. ...

Senatore Nenni, in quale misura il dubbio ha segnato la sua vita?

In grande misura, sempre. Il dubbio lo porto in me, talvolta anche in forma esagerata. Sul dubbio, una volta, ebbi una polemica con Gramsci. E mi pare che lo dica Renan: “Senza la presenza del dubbio, perdiamo l’esatta valutazione dei fatti e delle cose; la mania della certezza è l’anticamera del fanatismo”. Con la mania della certezza si finisce col non ammettere l’opinione altrui. Io invece son sempre pronto ad ascoltare le opinioni altrui e a cercare in esse gli elementi positivi. Il dubbio mi si addice perché richiede libertà e non comporta necessariamente la perdita della fede, della volontà di battersi. Sia pure attraverso gli inevitabili errori.

E gli inevitabili dolori, le inevitabili rinunce, le inevitabili amarezze. Tutto ciò che lei ha avuto e ha in abbondanza. Senatore Nenni, s’è mai chiesto se ne valesse la pena?

Mai. Neanche ora che sono al declino della vita. Quando mi volto indietro e penso agli ideali della mia giovinezza, ai prezzi pagati, non ho rimpianti. Perché ritengo di aver fatto semplicemente quello che dovevo fare, e perché vale la pena battersi per un’umanità più giusta. Vale la pena, mi creda. Io ho visto crescere sotto i miei occhi ben tre generazioni: la mia, quella dei miei figli, quella dei miei nipoti. E ora mi accingo a vedere quella dei miei pronipoti. Guardandoli penso: non sono stati inutili questi decenni di lotta, oggi si sta tanto meglio di quanto si stesse ai tempi miei. Sì: la vita è infinitamente meno dura, oggi. Non c’è paragone col mondo in cui sono nato, e non parliamo del mondo in cui erano nati mio padre e mio nonno. Siamo a un livello talmente più alto di vita civile, abbiamo compiuto progressi talmente formidabili in ogni campo. Anche in quello della libertà. Lei mi sembra smarrita dinanzi a quest’Italia piena di fermenti, scontenti. E la capisco. Anzi, dico di più: ogni persona smarrita dovrebbe essere un campanello d’allarme che dovremmo ascoltare. Mentre, troppo spesso, non lo ascoltiamo. Però attenta: analizzando settore per settore, particella per particella, cosa per cosa, sembra che tutto stia per crollare. Analizzando l’insieme, ci si accorge che la struttura sta in piedi.

Allora perché tante paure, tante violenze, tanto rifiuto di quel che è stato fatto?

Perché, risolto un problema, se ne pone subito un altro. O altri. È una caratteristica dell’uomo. L’uomo non accetta mai lo status quo, non arriva mai a dire “non ho più problemi”. Guai se lo facesse. Tutto si impantanerebbe, si avvilirebbe, e verrebbe a mancare la molla che rende accettabile la vita. Cioè la ricerca costante di qualcosa di meglio. Cara amica, la vita va vista col pessimismo dell’intelligenza, col senso critico del dubbio, ma anche con l’ottimismo della volontà. Con la volontà, niente è fatale, niente è ineluttabile, niente è immodificabile. Gliel’ho detto all’inizio: io credo nell’uomo. L’uomo creatore del proprio destino.

Grazie, senatore Nenni.

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