Piero Larizza nel ricordo di Giorgio Benvenuto


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Piero Larizza nel ricordo di Giorgio Benvenuto

Con la scomparsa di Piero Larizza la Uil ha perso senza dubbio uno dei protagonisti più capaci ed autorevoli del suo cammino volto a rendere questa confederazione sempre più forte ed incisiva. Ricordo Piero con il dispiacere sincero di chi ha costruito insieme a lui in anni difficili una fisionomia della Uil autenticamente riformista, autonoma e senza soggezioni nei confronti di alcuna altra forza, politica e sindacale che fosse. Piero è stato un dirigente che con una tenacia che rendeva talvolta spigoloso il suo rapporto con gli altri, ha fatto realmente della Uil il centro della sua vita e del suo lavoro. Ha guidato la Uil di Roma dimostrando indubbie capacità organizzative ed al tempo stesso schierandosi con decisione a favore di una politica sindacale attenta ai cambiamenti ed alle sfide difficili degli anni ’80. Le sue capacità organizzative ed assieme il suo impegno riformista ci hanno permesso quando divenne Segretario Organizzativo di consolidare la tenuta della Uil e di proiettarla verso prospettive di maggiore crescita. Di Piero ho apprezzato la sua solidità di dirigente sindacale che è stata preziosa per tutto il movimento sindacale quando l’Italia piombò in uno dei periodi più tormentati della nostra recente storia, ovvero negli anni 1992, 1993. La crisi che era esplosa in quel periodo mise a dura prova la tenuta economica e sociale del Paese che era inoltre attraversato dalla bufera di Tangentopoli. Pietro Larizza era diventato Segretario Generale della Uil dopo la mia uscita dalla Confederazione. E si trovò a gestire con il governo Ciampi un negoziato dal quale poi dipese la sorte economica e sociale del Paese che era davvero sull’orlo di un baratro pericolosissimo. Forse ora si è dimenticato il valore di quel confronto, basilare invece per aver evitato all’Italia un destino simile alla Grecia. Con il governo Ciampi di cui faceva parte come Ministro del Lavoro Gino Giugni le tre Confederazioni si impegnarono in una trattativa che porta ad una politica di concertazione non solo in grado di riaffermare l’utilità della politica dei redditi e delle riforme, ma anche di difendere istituti fondamentali per la vita sindacale come i contratti nazionali di lavoro. Pietro Larizza, assieme a Bruno Trentin, a Sergio Cofferati e a Sergio D’Antoni, non ebbe alcun timore reverenziale ad affrontare questa sfida, difese le ragioni della Uil quando sembrò che essa potesse essere messa in un canto, seppe dimostrare invece la valenza positiva del nostro riformismo. E la conclusione di quel negoziato, dal quale poteva uscire con le ossa rotte il movimento sindacale ma anche il mondo del lavoro che esso rappresentava, favorì il ricostituirsi delle condizioni per una ripresa economica ed evitò un disastro occupazionale. Penso che si debba dar merito di questo risultato all’impegno di Larizza in particolare. Del resto successivamente questo ruolo, non facile, gli è stato riconosciuto dai suoi interlocutori, meno dai media forse, condizionati dal tremendo clima politico di allora. In seguito Larizza divenne Presidente del Cnel, un riconoscimento alla sua azione ma anche al valore della iniziativa della Ui e della sua cultura riformista. Tenere la barra dritta in quegli anni per un’organizzazione come la Uil laica e socialista è stato un compito davvero arduo. Ma quel compito Larizza lo ha assolto con ammirevole determinazione.
Sono convinto che quando un dirigente del sindacato conclude il suo cammino terreno, non scompare nella memoria della sua organizzazione. Perché ha fatto parte con la sua passione ed il suo lavoro di una storia collettiva che vive in primo luogo della lotta per dare dignità al lavoro ed ai diritti. Di questa storia Pietro Larizza è stato certamente partecipe e per la sua parte un positivo costruttore.


Con la scomparsa di Pietro Larizza la Uil ha perso senza dubbio uno dei protagonisti più capaci ed autorevoli del suo cammino volto a rendere questa confederazione sempre più forte ed incisiva. Ricordo Piero con il dispiacere sincero di chi ha costruito insieme a lui in anni difficili una fisionomia della Uil autenticamente riformista, autonoma e senza soggezioni nei confronti di alcuna altra forza, politica e sindacale che fosse. Piero è stato un dirigente che con una tenacia che rendeva talvolta spigoloso il suo rapporto con gli altri, ha fatto realmente della Uil il centro della sua vita e del suo lavoro. Ha guidato la Uil di Roma dimostrando indubbie capacità organizzative ed al tempo stesso schierandosi con decisione a favore di una politica sindacale attenta ai cambiamenti ed alle sfide difficili degli anni ’80. Le sue capacità organizzative ed assieme il suo impegno riformista ci hanno permesso quando divenne Segretario Organizzativo di consolidare la tenuta della Uil e di proiettarla verso prospettive di maggiore crescita. Di Piero ho apprezzato la sua solidità di dirigente sindacale che è stata preziosa per tutto il movimento sindacale quando l’Italia piombò in uno dei periodi più tormentati  della nostra recente storia, ovvero negli anni 1992, 1993. La crisi che era esplosa in quel periodo mise a dura prova la tenuta economica e sociale del Paese che era inoltre attraversato dalla bufera di Tangentopoli. Pietro Larizza era diventato Segretario Generale della Uil dopo la mia uscita dalla Confederazione. E si trovò a gestire con il governo Ciampi un negoziato dal quale poi dipese la sorte economica e sociale del Paese che era davvero sull’orlo di un baratro pericolosissimo. Forse ora si è dimenticato il valore di quel confronto, basilare invece per aver evitato all’Italia un destino simile alla Grecia. Con il governo Ciampi di cui faceva parte come Ministro del Lavoro Gino Giugni le tre Confederazioni si impegnarono in una trattativa che porta ad una politica di concertazione non solo in grado di riaffermare l’utilità della politica dei redditi e delle riforme, ma anche di difendere istituti fondamentali per la vita sindacale come i contratti nazionali di lavoro. Pietro Larizza, assieme a Bruno Trentin, a Sergio Cofferati e a Sergio D’Antoni, non ebbe alcun timore reverenziale ad affrontare questa sfida, difese le ragioni della Uil quando sembrò che essa potesse essere messa in un canto, seppe dimostrare invece la valenza positiva del nostro riformismo. E la conclusione di quel negoziato, dal quale poteva uscire con le ossa rotte il movimento sindacale ma anche il mondo del lavoro che esso rappresentava, favorì il ricostituirsi delle condizioni per una ripresa economica ed evitò un disastro occupazionale. Penso che si debba dar merito di questo risultato all’impegno di Larizza in particolare. Del resto successivamente questo ruolo, non facile, gli è stato riconosciuto dai suoi interlocutori, meno dai media forse, condizionati dal tremendo clima politico di allora. In seguito Larizza divenne Presidente del Cnel, un riconoscimento alla sua azione ma anche al valore della iniziativa della Ui e della sua cultura riformista. Tenere la barra dritta in quegli anni per un’organizzazione come la Uil laica e socialista è stato un compito davvero arduo. Ma quel compito Larizza lo ha assolto con ammirevole determinazione.  Sono convinto che quando un dirigente del sindacato conclude il suo cammino terreno, non scompare nella memoria della sua organizzazione. Perché ha fatto parte con la sua passione ed il suo lavoro  di una storia collettiva che vive in primo luogo della lotta per dare dignità al lavoro ed ai diritti. Di questa storia Pietro Larizza è stato certamente partecipe e per la sua parte un positivo costruttore.

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