Rimpiangendo Guareschi


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FONDAZIONE BRUNO BUOZZI

Rimpiangendo Guareschi

La propaganda di ieri, la propaganda di oggi.
di Walter Esposito


Don Camillo e Peppone C’era una volta il manifesto. E con lui i santini, i camioncini con il megafono sul tetto, i comizi in piazza. Immagini romantiche di una campagna elettorale che ormai non c’è più, o meglio che non esiste più in queste forme.
Anni fa, ma sembrano secoli, nelle settimane immediatamente precedenti il voto, era un via vai di furgoncini più o meno grandi che, con sistemi di amplificazione che andavano dal semplice megafono a apparecchiature costose con tanto di casse acustiche, percorrevano le vie della città al grido di “VOTA ANTONIO, VOTA ANTONIO!”. Il progetto comunicativo non era sofisticato, di 2.0 non aveva nulla, ma era comunque molto efficace e “giocava” sulla ripetizione estenuante di poche parole con l’obiettivo che, nel segreto della cabina elettorale, la mano si sarebbe mossa da sola mettendo una croce su quel simbolo o su quel nome spinta da quelle poche parole che si erano stabilmente insediate nella testa.
E ancora, a partire dagli anni ottanta, nel periodo precedente al voto la città diventava un enorme galleria d’arte specializzata in ritrattistica. Volti più o meno brutti, visi più o meno grandi campeggiavano sui tabelloni promettendo di tutto: lotta al carovita e all’evasione fiscale, il lavoro per i giovani, le politiche familiari, la sicurezza. L’obiettivo della cartellonistica politica era quello di promuovere un candidato, facendolo conoscere ed evidenziando i temi della sua proposta ritenuti prioritari per l’opinione pubblica.
Il manifesto aveva e ha dalla sua un grande valore aggiunto: è immediato. Come ha scritto un esperto di comunicazione politica” per immediatezza si intende la passività del ruolo del destinatario (elettore) nel processo comunicativo con tale mezzo (il manifesto) . Non è, infatti, necessario un atto di volontà da parte del fruitore per dare inizio al rapporto comunicazionale, come lo è l’accensione della televisione, l’apertura del libro o del giornale, la sua attenzione viene carpita dal manifesto che si impone alla vista del pubblico a prescindere dalla volontà del destinatario. È per sfruttare al massimo la grande potenzialità di coinvolgimento attuata dal manifesto che la sua composizione si contraddistingue per una struttura semplice adatta ad una facile decodifica.”
L’ultimo, ma certamente non il meno utilizzato mezzo di propaganda elettorale era il “santino”: quel cartoncino grande come un biglietto da visita sul quale il candidato sintetizzava il suo messaggio politico, lo slogan elettorale e, a volte, il suo volto. L’elemento principale del “santino “ era, però, la riproduzione di una parte della scheda elettorale dove accanto al simbolo del partito c’era il suo nome già “scelto” con una croce prestampata. Quasi come fosse un pizzino da copiare per il compito in classe che l’elettore doveva svolgere nel segreto della cabina elettorale.
Comunicazione d’altri tempi? Forse, ma ancora utilizzata e credo con successo, anche se principalmente er le elezioni locali (il santino) e da una parte dei leader politici riconoscibili dalla maggior
parte degli elettori (il manifesto).
Oggi la campagna è sicuramente più silenziosa. Meno slogan urlati al vento e meno carta lungo le strade (spesso il peso dei manifesti incollati uno sull’altro li faceva staccare dai tabelloni).
Oggi la campagna elettorale è selettiva, veloce ed efficace quasi subliminale.
Negli anni dei social (ormai anche i siti internet sono superati) i network di messaggistica e comunicazione on line hanno modificato la competizione elettorale . Con pochi euro di sponsorizzazione è possibile ottenere decine di migliaia di visualizzazioni di un messaggio o di un video. Se sei un candidato in corsa per un posto di consigliere comunale o circoscrizionale con meno di cento euro è possibile “targettizzare” la propria foto, il proprio “slogan, scegliere l’ora in cui inviare il messaggio, la località del potenziale elettore e selezionare i destinatari fra migliaia di contatti dividendoli ad esempio per interessi in comune, gusti, attività o altro.
Dopo aver determinato il crollo nelle vendite dei quotidiani, la rete e i social network hanno attaccato anche i manifesti tradizionali .Non è un caso , infatti, che a meno di un mese dalla data “delle scelte” i supporti per i manifesti siano, almeno nelle grandi città, ancora tristemente vuoti. Mille euro investiti sui manifesti hanno molta meno copertura di mille euro investiti sulle sponsorizzazioni su social come Facebook. Inoltre, se navigando sui siti internet, l’elettore stanco della troppa invasione riesce a bloccare i messaggi pubblicitari e con loro anche quelli elettorali, sui social questo non è possibile anche perché sponsorizzazioni e pubblicità sono quasi sempre la loro unica fonte di guadagno .
L’ultima frontiera riguarda i candidati “fai da te”, quelli per capirci senza capitali o sponsor “facoltosi”. L’advertising “fatto in casa” consiste in messaggi e video realizzati con un cellulare ed inviati agli elettori tramite ad esempio Whatsapp. I messaggi e i video possono essere condivisi a velocità incredibile tra gruppi di amici e contatti in rubrica. Se non ci si vuole rivolgere alle agenzie specializzate, basta avere un buon numero di parenti e conoscenti per ottenere un risultato soddisfacente specialmente se si tratta di candidati di basso profilo. Un modo facile, veloce e gratuito per farsi pubblicità: in pratica l’evoluzione del santino, che, almeno in teoria, nascosto all’interno di uno smartphone, non dovrebbe essere letto nella cabina elettorale.

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